Cemento romano: il segreto che lo rende quasi indistruttibile

Molte delle opere costruite dai romani sono arrivate integre fino ai giorni nostri. Merito del cemento che utilizzavano che è quasi indistruttibile  

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L’Anfiteatro Flavio, meglio noto come Colosseo (Foto di Pexels da Pixabay)

Ci sono tantissime opere costruite dai Romani, oltre 2 millenni fa, che sono giunte sane e salve fino ai giorni nostri. Basti solo pensare alla sola città di Roma in cui si scoprono ancora vecchie ville romane ancora intonse. Merito non solo dello grandissima conoscenza che avevano delle arti e dei loro ingegneri che hanno permesso l’edificazione di opere davvero incredibili come il Colosseo, il Pantheon o gli acquedotti che erano sparsi per tutto l’impero.

Fa molto pensare come queste opere siano rimaste illese fino ai giorni nostri mentre opere civili più recenti si siano distrutte molto prima. Ma qual era il segreto della costruzione dei romani. Secondo le ultime ricerche e studi, sarebbe stato merito del cemento che avevano inventato più di 2 millenni fa.

E’ il cemento il segreto delle opere dei romani

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L’Anfiteatro Flavio, meglio noto come Colosseo (Foto di reflowfish da Pixabay)

Il segreto che si cela dietro le tante opere dei romani è il cemento. Infatti si tratta di tipo molto particolare capace di resistere agli effetti corrosivi dell’acqua di mare e che con il tempo continua a diventare sempre più duro. Un vero e proprio prodigio ieri ma anche oggi, visto che il cemento si corrode nel giro di pochi decenni.

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Una domanda che si sono posti anche i ricercatori dell’Università dello Utah, con lo scopo di riutilizzarla per la costruzione di nuove strutture. L’Ateneo americano, per rispondere all’interrogativo, ha pubblicato sul GeoScienceWorld, gli incredibili risultati della ricerca svolta. Il segreto della forza del cemento romano risiederebbe dunque elementi: la calce e le ceneri vulcani. Quest’ultime infatti contenevano un minerale molto raro il “Tobermorite di Alluminio“. Questa sostanza, una volta esposta all’acqua di mare ha la capacità di cristallizzare la cale e anche di rafforzare il materiale circostante.

Questa scoperta incredibile è stata possibile grazie a un microscopio elettronico, una micro-diffrazione ai raggi X e a uno spettroscopio Raman. Grazie a questi incredibili macchinari i ricercatori hanno potuto mappare la composizione chimica di diverse opere architettoniche romane che hanno permesso di individuare anche un ulteriore minerale: la “Phillipsite”. Questo si continua a formare grazie all’esposizione all’acqua di mare, rinforzando il cemento e impendendo la formazione di fessure.

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L’autrice principale dello studio Marie Jackson, ha sottolineato come questo cemento non segue i principi di quello moderno. Quello romano è infatti “roccioso” e prospera e si avvantaggia nello scambio chimico con l’acqua di mare. La dottoressa dell’Ateneo americano ha poi posto l’attenzione su come “la nostra ricerca apra una prospettiva nuova riguardo il cemento, e credo che si possa riuscire a produrre un cemento minerale che migliori la propria resilienza nel corso del tempo”. La prima applicazione del vecchio-nuovo cemento romano potrebbe essere la barriera di protezione della laguna di Swansea in Galles.