Le piante sopravvivono alla siccità: come è possibile

Con il cambiamento climatico ci aspettano anni di gravi siccità: molte piante hanno già cominciato ad adattarsi, ecco perché

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Siccità del terreno – Foto Adobe Stock – Ecoo.it

Il clima in arrivo non va incontro alla natura. Sono gli scienziati stessi a metterci al corrente che il cambiamento climatico non sta giovando nessun essere vivente sulla Terra. Con l’aumento delle temperature e le scarse piogge sarà il terreno, il suolo ad essere il più colpito. Uno studio sulla rivista scientifica Science spiega come la struttura delle piante si sia evoluta per permettere la sopravvivenza delle specie, nonostante la siccità. Se le prime piante presenti in questo Pianeta erano acquatiche, 420 milioni di anni fa hanno cambiato la loro struttura vascolare interna per sopravvivere per sempre.

Il meccanismo delle embolie, sistema di autodifesa delle piante

La struttura vascolare delle piante non è un meccanismo semplice: rami e radici negli anni hanno cominciato a crescere ed evolvere e si è complicata molto la loro struttura. Il metodo che permette alle piante di sopravvivere anche in presenza di poca acqua è la creazione di vere e proprie embolie, cioè bolle di aria o di vapore che impediscono all’acqua di risalire attraverso le radici. Gli scienziati hanno riportato nell’articolo e nello studio che il sistema dei vasi delle piante è in grado di far sopravvivere gli esemplari grazie alla formazioni di reti complesse.

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Grazie a questo meccanismo le bolle d’aria hanno meno vicini verso cui diffondersi e sono in grado di isolare i vasi ostruiti e trarre nutrimento dagli altri. Un’efficiente strategia di sopravvivenza. Poi, nel corso della storia, hanno adottato soluzioni diversi e sempre più complesse. Le specie che non sono riuscite ad adottare questa strategia si sono estinte. “Ogni volta che una pianta si discosta da quel sistema vascolare cilindrico, ogni volta che cambia solo un po’, la pianta riceve una ricompensa in termini di capacità di sopravvivere alla siccità”, ha spiegato il fisiologo vegetale Craig Brodersen.