Ablutofobia, come si manifesta e i disagi che si possono presentare

L’ablutofobia è una paura che comporta un grave disagio alla persona ed ai suoi rapporti sociali. Può facilmente sfociare in disturbo d’ansia.

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Quando si parla di fobie si deve avere grande rispetto per la persona che ne soffre. Alcune possono sembrare surreali o addirittura ridicole. Tuttavia il soggetto che è preda delle sue paure non le interpreta in maniera divertente. Molto spesso le fobie, specialmente se rinforzate da comportamenti di evitamento, condizionano completamente la vita di un individuo, e lo rendono ostaggio dei propri timori. Tutta l’esistenza inizia a ruotare intorno alla gestione del panico ed alla ricerca di assenza di ansia. I cui effetti diventano insostenibili. Tra le fobie più note ci sono la claustrofobia e l’agorafobia, ovvero il disturbo di panico che si avverte in presenza di spazi chiusi o troppo affollati.

Poi ci sono le fobie che provengono da stimoli esterni, quali la presenza di animali ritenuti pericolosi, anche qualora non lo siano, quali ad esempio la aracnofobia o la fobia dei rettili, che si innesca alla sola presenza dello stimolo esterno, a prescindere dalla sua pericolosità. Tra le fobie più singolari si ritrova la tripofobia. La paura di pattern geometrici ravvicinati, come ad esempio l’alveare o la parte interna del fiore di loto. E nel terminare un elenco affatto esaustivo, troviamo la ablutofobia, termine che previene dal latino e dal greco. “Ablutio”, dal latino, significa “lavaggio”, mentre “fobia”, dal greco, vuol dire “paura”.

Cos’è l’ablutofobia

Le paure, quando diventano estreme e condizionanti, sfociano in fobie. Le quali attivano una sintomatologia molto invadente, quale l’attacco di panico. Sudorazione improvvisa, specialmente sulle mani, irrigidimento muscolare, senso di oppressione al petto, mancanza di aria, battiti cardiaci accelerati, tremori, confusione mentale, nausea o vomito, formicolio costante.

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Ed altri sintomi psicosomatici, che innescano la molla della reazione immediata, che consiste in quella risposta primitiva che proviene dall’amigdala – la parte più antica del cervello – per cui davanti ad un pericolo si risponde con attacco o fuga. E dunque l’evitamento allo stimolo del malessere. Che nel caso dell’ablutofobia è rappresentato dall’acqua e da tutti i prodotti per l’igiene. Chi soffre di questa patologia evita di fare la doccia e di lavarsi in generale, aumentando progressivamente la probabilità di contrarre malattie o infezioni. Oltre agli intuitivi problemi sociali che da questa fobia derivano. La mancanza di igiene non è propriamente ben vista nella società attuale, e diventa determinante in situazioni quali i contesti scolastici o lavorativi.

Le cause e la diagnosi della fobia

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Fobia acqua

L’ablutofobia, come la maggior parte delle paure, può essere associata a stress post traumatico. Se ad esempio nella vita dell’individuo c’è stato un trauma associato all’acqua, egli durante la crescita potrebbe sviluppare la fobia per l’acqua e dunque per la detersione. Alcune persone hanno addirittura dichiarato di aver sviluppato il timore di fare la doccia dopo aver visto il film “Psycho” di Alfred Hitchcock. In ogni caso questa paura non va confusa con l’avversione che alcuni bambini hanno nel fare il bagno. Sono due comportamenti diversi. Nel caso della fobia vera e propria, essa può essere diagnosticata come disturbo psicologico se perdura oltre i sei mesi consecutivi.

Al termine dei quali il soggetto può iniziare un percorso di psicoterapia, possibilmente di tipo cognitivo – comportamentale, per lavorare sulla rimozione dei sintomi. E parallelamente può essere previsto un supporto farmacologico per allentare l’ansia. In definitiva chi soffre di ablutofobia può essere considerato un soggetto con una patologia vera e propria, che deve essere trattata da specialisti. Lungi dal voler stigmatizzare la sofferenza individuale, si sottolinea che i problemi psicologici devono essere liberati dai pregiudizi sociali, che nel malessere psicologico individuano una parte di responsabilità o di colpa, ed essere affrontati come delle malattie, che si risolvono al termine di una cura appropriata.