Il terremoto in Emilia Romagna continua a far paura: trema la Pianura Padana

L’arco di Ferrara è messo a dura prova anche stanotte dalle scosse che stanno mettendo in agitazione tutta l’Emilia Romagna. Il terremoto infatti si fa ancora sentire, e le scosse di assestamento fanno seriamente paura. E’ la placca adriatica ad essere in agitazione: solitamente incede verso nord-est ad una velocità di 4 millimetri l’anno, ma stavolta la faglia si è spaccata cercando di cavalcare la Pianura Padana. E’ stato questo accavallamento a comportare lo sviluppo e la propagazione di energia compressa, un fenomeno che si trasforma nel tremore della terra.

Claudio Chiarabba, funzionario di sala sismica, ha spiegato: “La falda dell’Appennino avanza sotto alla Pianura Padana, comprimendosi e rialzandosi lungo un fronte che ha la forma di un arco e dove si concentra la pericolosità sismica.”
Il sismologo Luca Malagnini ha fatto presente: “Quando si rompe una faglia, gli epicentri delle scosse si distanziano di una decina di chilometri l’uno dall’altro. Ma stavolta le scosse coprono un fronte di oltre 30 chilometri. Segno che a rompersi è stata più di una faglia.”
I fenomeni sismici che stanno interessando la Val Padana sono il frutto di uno scontro fra le placche della crosta terrestre, quella africana e quella europea. I geofisici non si dicono affatto sorpresi da questi fenomeni, visto che il tutto rientra nel quadro del territorio e un sisma intorno ai 6 gradi della scala Richter era comunque piuttosto prevedibile. Già in passato, nel 1570 e nel 1639, si sono verificati terremoti di questo genere nella zona colpita attualmente.
Tra l’altro un fattore da non trascurare è il fatto che la Pianura Padana è ricoperta da uno strato di sedimenti piuttosto spesso: questo tipo di suolo determina degli effetti di amplificazione delle onde sismiche nel territorio.
Il Nord Italia, comunque, ancora trema e teme: la Terra continua a muoversi e le scosse si avvertono nitidamente, soprattutto in Emilia Romagna dove si concentrano i forti danni alle cose e persone. Il capo della Protezione Civile Franco Gabrielli parla di priorità nell’aiuto verso le persone più in difficoltà.
Chi pensava che la Pianura Padana fosse una terra lontana dal rischio terremoti è chiaro che dovrà ricredersi: questo terremoto in Emilia Romagna ne è la prova.
In realtà, infatti, c’è una parta di Appennino sepolto sotto la Pianura Padana: è stata proprio la sua estremità settentrionale a causare il terremoto e la scossa di magnitudine 5,9 che ha scosso il Nord. Il sismologo Alessandro Amato dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia spiega infatti che si tratta di movimenti che si muovono sotto la Pianura Padana e che dimostrano, dunque, tutta l’attività che sta avvenendo nell’area. Oltre alla scossa più forte, infatti, si sono già avvicendati moltissimi movimenti tellurici di assestamento, e molti altri ne arriveranno.
L’Appenino non termina improvvisamente con il crearsi della Pianura Padana, ma piuttosto viene sepolto sotto i sedimenti del Po. Non è dunque una zona tranquilla dal punto di vista sismico, bensì una zona di cui è stata poco approfondita la conoscenza da questa prospettiva.
Anche se era da moltissimi anni che non si registrava una scossa così intensa nella zona (i documenti storici parlano del 1570 e di alcuni episodi nel ‘700), a gennaio c’erano già stati altri movimenti della terra che avevano destato l’interesse degli studiosi.
L’Italia, comunque, è da sempre un territorio mediamente a rischio: il presidente del Consiglio nazionale dei geologi, in luce agli eventi accaduti stamattina, mette in chiaro qualche dato. Sono 2000 ogni anno i terremoti che coinvolgono la nostra Penisola: se sono 21 milioni gli abitanti che risiedono in aree considerate a medio rischio, sono però 3 milioni le persone che vivono in territori classificati come alto rischio sismico.
Il tutto è reso molto più vulnerabile alle costruzioni edili, spesso non idonee a resistere alle scosse oppure realizzate in zone non appropriate. Degli 11,6 milioni di edifici italiani con forte prevalenza all’utilizzo residenziale, ben il 60% sono stati realizzati prima del 1974, anno in cui fu varata e istituita l’introduzione delle norme antisismiche.
Rischio sismico: mappa delle aree italiane più a rischio
In confronto alle altre aree la Pianura Padana era comunque considerata a rischio medio-basso, a confronto con la Sicilia che invece è la realtà con maggiore rischio sismico, con 22874 km quadrati e più di quattro milioni e mezzo di residenti. Segue la Calabria con più di 15mila kilometri quadrati e due milioni di residenti in aree di particolare interesse sismico, poi la Toscana e la Campania.
I geologi colgono la triste occasione del terremoto dell’Emilia per rivolgere un accorato appello alle istituzioni, invitandole ad accelerare i sistemi di prevenzione. Ovviamente i terremoti non sono fattori prevedibili, ma è possibile capire la vulnerabilità sismica dei fabbricati esistenti, soprattutto quelli edificati prima dell’attuazione di norme specifiche al riguardo, e attuare misure di messa in sicurezza.
In particolare, i geologi ci tengono ad evidenziare l’importanza della microzonazione sismica, termine con il quale si indicano alcuni studi specifici per capire quali siano le aree a maggiore pericolosità sismica. Con questi dati, ad esempio, sarebbe possibile migliorare i piani regolatori e pianificando un nuovo modo di costruire, un modo che tenga in considerazione l’impatto ambientale delle costruzioni e l’opportunità o meno di costruire su un territorio piuttosto che su un altro. Sono i Comuni a dover prendere in carico questo compito, utile per gestire la questione sismica ma anche il dissesto idrogeologico che sempre più affligge il nostro paese. Disastri ambientali e umani come la recente alluvione in Veneto ci ricordano bene a quali drammi possiamo essere esposti. Serve dunque capire come prevenire i danni: della prevenzione delle alluvioni parlò anche il Ministro Clini all’epoca, ma poi tutto passò in secondo piano e poco fu fatto in termini di prevenzione significa e sistematica. Bisogna invece attuare un vero e proprio piano per rimettere in piedi il nostro Paese anche dal punto di vista idrogeologico, dove gli interventi da fare sono numerosi e urgenti.