Forte rumore delle imbarcazioni e danni ai calamari: diventano sordi provvisoriamente

Le attività antropiche rischiano di compromettere seriamente l’udito degli animali marini: le recenti ricerche condotte sui calamari prospettano uno scenario allarmante

Inquinamento acustico pesci
Inquinamento acustico provocato dalle imbarcazioni (Adobe Stock) – ecoo.it

Che le attività antropiche abbiano pericolosamente contribuito ad alterare gli ecosistemi marini è un fatto risaputo. La pesca intensiva, l’inquinamento (anche acustico) determinato dalle imbarcazioni, l’ininterrotto scarico di tonnellate di rifiuti nelle acque di mari e oceani: queste e molte altre sarebbero le cause che stanno contribuendo al danneggiamento di flora e fauna acquatiche.

Per non parlare delle innumerevoli specie a rischio estinzione, alcune delle quali sono tra le più consumate sulle tavole degli italiani. Il fatto che non siano ancora stati presi provvedimenti per limitare la cattura di tali pesci, così da garantirne la sopravvivenza, la dice lunga sulla poca importanza attribuita alla preservazione degli ecosistemi terrestri e marini, rispetto alla soddisfazione di milioni di consumatori.

Quest’oggi, nella fattispecie, ci soffermeremo proprio su una diversa tipologia di danni che staremmo procurando agli animali acquatici, e sulla quale, purtroppo, si finisce raramente per riflettere con le dovute attenzioni. Nello specifico, affronteremo il tema dell’inquinamento acustico prodotto dalle nostre imbarcazioni, le quali rappresenterebbero un serio pericolo per l’udito di tali specie viventi.

Inquinamento acustico prodotto dalle imbarcazioni: le ricerche sui calamari evidenziano la gravità del fenomeno

È stato un recente studio condotto dal Center for Environment, Fisheries and Aquaculture Science del Regno Unito, con a capo l’esperta Rosalyn Putland, ad evidenziare quanto l’inquinamento acustico prodotto dalle imbarcazioni possa pericolosamente alterare l’udito delle specie animali. La ricerca in questione, nello specifico, si è concentrata proprio sui calamari.

calamari come cucinarli
Calamari: la specie studiata (Adobe Stock) – ecoo.it

Si tratta di una specie diffusissima nelle nostre acque. Le loro minuscole dimensioni e l’impressionante rapidità (a malapena tre mesi) con cui tali esemplari raggiungono la maturità sessuale li avrebbero resi dei campioni di studio a dir poco ideali. In modo particolare, la ricerca ha tentato di stabilire la connessione tra attività antropogeniche e cambiamenti della fisionomia e delle funzioni svolte da questi molluschi.

Gli esemplari presi in esame, nella fattispecie, sono stati esposti ad un suono che aveva lo scopo di simulare quello prodotto da una comune imbarcazione. Rosalyn Putland, avvalendosi del contributo di audiogrammi per analizzare la sensibilità uditiva degli animali prima e dopo l’esposizione al suono, ha reso noti dei risultati impressionanti.

Sembrerebbe, infatti, che i calamari abbiano registrato una riduzione dell’udito tutt’altro che trascurabile nei minuti successivi all’avvertimento del rumore. La sensibilità uditiva, tra l’altro, risultava compromessa in maniera direttamente proporzionale all’età: più i calamari esibivano un’età avanzata, maggiore era la probabilità che la loro capacità uditiva fosse lesa.

Calamari sordi provvisoriamente: i risultati dello studio sull’inquinamento acustico sono allarmanti

scienzato in laboratorio
Esperimenti sui calamari (Adobe Stock) – ecoo.it

Nonostante gli esemplari esaminati finissero per recuperare la sensibilità uditiva nel giro di due ore dall’esposizione al suono, la ricerca guidata da Rosalyn Putland ha contribuito a porre in rilievo dei dati preoccupanti. I calamari esposti al rumore, nelle due ore successive all’avvertimento del suono, hanno manifestato difficoltà nel rilevare le frequenze tra 100 e 1.000 hertz.

Si tratta, di fatto, delle frequenze che il loro campo uditivo è in grado di coprire. Una vera e propria sordità provvisoria, quella registrata dai calamari, che solo a distanza di due ore dall’esposizione al suono sono parsi a “riprendersi” dallo choc.