Indagine sugli allevamenti intensivi: luoghi di culto della sofferenza animale

Sentiamo parlare di allevamenti intensivi quasi ogni giorno, eppure tanti non hanno ben presente cosa siano, esattamente: giusto qualche informazione.

Galline chiuse in gabbia (Ecoo.it)

In tanti non hanno ben presente che significhi un allevamento di tipo intensivo, questo perché le TV e i grandi giornali non ne parlano quasi mai, preferendo ignorare il problema. E i politici, spesso e volentieri, tendono a giustificarli, in nome della produzione Made in Italy.

E non è un caso se l’Italia, fino ad oggi, non ha stanziato nemmeno un centesimo per la campagna a livello europeo chiamata End the Cage Age (la Fine dell’era delle gabbie), portata avanti da tutte le associazioni animalisti d’Europa.

I numeri imbarazzanti degli allevamenti intensivi: giusto qualche informazione

Maiali ammassati (Ecoo.it)

Sul pianeta, di allevamenti intensivi ne esistono tantissimi, gli ultimi costruiti, come quello in Cina, il più grande al mondo, sono strutture enormi, dei veri palazzi della morte, dove gli animali non vedono la luce del giorno. In tutto il mondo, sono oltre 70 miliardi gli animali allevati per scopo alimentare. Praticamente, dieci volte tanto la popolazione umana. Già da qui si intuisce il forte squilibrio che abbiamo creato.

Di questi 70 miliardi di animali, una buona parte viene allevata negli allevamenti intensivi. Che sono sono? Sono luoghi di morte, di sofferenza, di malnutrizione, dove il benessere animale e ogni tipo di diritto sono calpestati in nome della produzione facile e veloce.

Un sistema che provoca una serie di enorme danni, agli animali, che patiscono le pene dell’inferno, all’ambiente, per via dell’inquinamento, e per noi uomini, che ci nutriamo di carne, una carne ottenuta con la sofferenza e spesso contaminata.

L’allevamento intensivo è un modello industriale su larga scala, solo che al posto che costruire automobili o elettrodomestici, si produce carne. Si allevano animali, privati dei loro diritti e della loro libertà, per trasformarli in semplice alimento.

Questi vengono stipati in piccole gabbie, tutti ammassati, imbottiti di ormoni per crescere subito e di antibiotici per prevenire malattie, malattie che, purtroppo, si diffondono lo stesso, dato lo stress a cui sono sottoposti i poveri animali.

Il culto della sofferenza animale: il prezzo del peccato di gola

Gli animali allevati sono nutriti con grano, mais e soia, coltivati a loro volta in modo intensivo, quindi carichi di pesticidi, che restano nelle carni, e che poi assorbiamo noi mentre le consumiamo.

In questo inferno, le galline, i polli e i tacchini subiscono maltrattamenti, a partire dal taglio della punta becco, in modo tale che non possano procurarsi ferite. Cosa che, invece, accade lo stesso, e sono molto diffusi episodi di autolesionismo o di cannibalismo.

Come testimoniano le indagini condotte da Animal Equality Italia, i polli sono sottoposti a selezioni genetiche, per poter ingrassare velocemente. Ciò provoca negli animali malformazioni, con muscoli troppo sviluppati, problemi cardiaci, malformazione delle zampe e ovviamente diverse malattie. I polli di oggi, infatti, contengono due volte il grasso e un terzo delle proteine che avevano i polli allevati di 4 decenni fa.

Purtroppo, gli allevamenti intensivi sono ovunque, e basta farsi un giro al supermercato per rendercene conto. Quasi tutta la carne, il pesce, le uova o il latte, provengono da questo tipo di allevamento, ed è necessario per massimizzare la produzione e soddisfare il fabbisogno dei cittadini. Si tratta, però, di una modalità di alimentazione insostenibile.

La lunga serie di danni provocata dall’allevamento di tipo intensivo

Tra l’altro, come accennato, l’allevamento intensivo provoca grande inquinamento, del suolo, dell’acqua e dell’aria. Questo contribuisce al 75% delle emissioni di ammoniaca in Italia e rappresenta la seconda fonte di polveri sottili nell’aria. Ogni anno, in Europa, gli allevamenti sono responsabili di oltre 500 milioni di tonnellate di CO2.

Gli animali, oltre a essere tenuti in pessime condizioni, vengono uccisi dopo pochi anni. Ad esempio, le mucche vanno al macello a 4 anni di età, dopo aver dato alla luce il terzo vitello. In pratica, queste bestie vivono un quinto della loro esistenza.

E forse, date le condizioni a cui sono sottoposte, è anche un sollievo. In Italia, l’85% dei polli è allevato in strutture intensive, mentre per i maiali e le mucche è ancora peggio, circa il 95%.

Occorre bloccare definitivamente questi luoghi infernali, a incominciare da un’alimentazione consapevole, quindi meno consumo di carne, tra l’altro classificata come cancerogena e responsabile di patologie e tumori dall’OMS.

La scelta dei prodotti da consumare è importante, perciò è sempre meglio preferire prodotti genuini, locali, e ovviamente occorre leggere attentamente le etichette prima di mettere nel carrello un determinato alimento.