Disastro di Seveso, contaminazione chimica tra le più gravi della storia

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Bosco delle Querce in memoria del disastro di Seveso (Foto da Wikipedia – Canva) – ecoo.it

Secondo una classifica del Times del 2010, il disastro di Seveso è all’ottavo posto tra i disastri ambientali di tutta la storia. La ricostruzione dei fatti.

Il disastro ambientale causato dalla fuoriuscita copiosa di diossina è chiamato comunemente disastro di Seveso, dato che il Comune in provincia di Monza era il più vicino alla centrale chimica da cui di è dispersa nell’ambiente la sostanza. Subito dopo l’incidente, a occhio nudo era visibile una nube bianca e densa, che piano piano si è allargata su tutti i comuni della zona. Oltre alle difficoltà respiratorie, l’effetto immediato sulla cittadinanza è stato un intenso bruciore agli occhi.

Non è stato possibile stabilire l’entità di diossina rilasciata nell’aria. Le conseguenze portarono ad un processo, e l’episodio ha avuto una forte eco mediatica, anche al livello internazionale. Il sito statunitense della CBS lo ha inserito al 12esimo posto tra le catastrofi umane ambientali di sempre. I cittadini delle aree circostanti ed i media vennero informati dell’incidente solo otto giorni dopo.

La ricostruzione dei fatti

La multinazionale La Roche, di proprietà svizzera, aveva realizzato un’industria chimica a Meda, comune al Confine con Seveso. In questa fabbrica venivano trattate sostanze tossiche per la produzione di diserbanti, funghicidi, e battericidi. Il ciclo produttivo settimanale era dal lunedì al venerdì. In quegli anni la produzione era stata incrementata per soddisfare le richieste del mercato.

Uno dei reattori chimici destinati alla composizione del triclofenolo, sostanza chimica per la produzione dei diserbanti, alle 12:28 del 10 luglio 1976 andò in avaria. Fortunatamente ad accorgersene fu un operaio scrupoloso, che sentendo un sibilo anomalo, informò immediatamente il capo reparto, e attivò manualmente il sistema di raffreddamento del reattore, per evitare ulteriori esplosioni. Ma purtroppo anche la prima è stata sufficiente a diffondere nell’atmosfera la diossina.

Le cause sono state di varia natura. L’avaria del reattore chimico fece salire la pressione oltre i limiti. Inoltre il procedimento utilizzato all’epoca per le sostanze chimiche, prevedeva l’acidificazione solo dopo la distillazione, e non prima. Questo ha reso ancora più instabili gli elementi. La causa primaria del disastro fu con tutta probabilità l’arresto volontario delle funzionalità del reattore, senza che venisse prima attivato il sistema di raffreddamento, causando l’alta pressione e l’esplosione con fuoriuscita di diossina.

Quattro giorni dopo furono condotte delle analisi delle sostanze presenti nell’aria da un laboratorio svizzero dell’azienda. Gli esami confermarono la presenza di diossina, ma le autorità italiane non furono informate per i quattro giorni successivi. Il ritardo nella diffusione della notizia, non ha reso possibile le operazioni tempestive di prevenzione nella contaminazione chimica della popolazione.

Numerosi animali iniziarono a morire. I cittadini in seguito furono sfollati. Non ci fu alcun decesso direttamente conseguente all’esplosione, ma i danni sulla salute sono ancora oggetto di studio. Sono state confermate correlazioni con alcune malattie epidermiche e con l’innalzamento dei tumori al seno negli anni a seguire.

In seguito al processo avviato dalla procura di Monza nei confronti dell’azienda, sono stati versati 7 miliardi e mezzo allo Stato italiano come risarcimento, cifra che andò a finire in un fondo per la ricostituzione dei paesi interessati, compreso Seveso. 47 miliardi sono stati destinati alla bonifica e 23 miliardi alla sperimentazione.

Seveso e la legge sull’aborto

Nel 1976 in Italia non era ancora stato legalizzato l’aborto, con alcune eccezioni. Data la forte probabilità di feti deformati in seguito alla contaminazione da diossina, nel comune di Seveso sono state autorizzate le pratiche di aborto terapeutico per le donne che ne fecero richiesta. questo ha scatenato numerose polemiche, terminate nel 1981 con il referendum sull’aborto, che legalizzò definitivamente l’interruzione volontaria di gravidanza.