Torna sulla Terra la prima capsula con un frammento di asteroide

Atterrata nel deserto dello Utah la prima capsula con un frammento dell’asteroide Bennu: era stata lanciata nello spazio nel 2016.

OSIRIS-Rex nasa
L’atterraggio della capsula di OSIRIS-Rex (Facebook) – ecoo.it

Impressionanti le immagini dell’atterraggio della capsula che, nel 2016, venne lanciata nello spazio assieme alla navicella OSIRIS-Rex con lo scopo di studiare gli asteroidi. Attorno alle 15:53 (ora italiana) dello scorso 24 settembre, il contenitore progettato dalla Nasa ha toccato nuovamente il suolo terrestre, arrestandosi presso il deserto dello Utah (Stati Uniti).

Ma la capsula, a differenza di quel che si potrebbe ipotizzare, non ha fatto ritorno sulla Terra da sola. Al suo interno vi era infatti un frammento dell’asteroide Bennu catturato dalla navicella OSIRIS-Rex, trasferito sul nostro pianeta proprio per poter essere studiato dagli scienziati.

Il canale YouTube della Nasa ha dato la possibilità agli iscritti di seguire ogni minima fase dell’atterraggio mediante una diretta streaming. Una palla di fuoco ha avvolto la capsula dopo che quest’ultima aveva affrontato un’accelerazione pari a circa 44.500 km/h, consentendole di atterrare in sicurezza nel deserto dello Utah grazie al contributo del paracadute principale, che ne ha garantito la decelerazione.

Grandi festeggiamenti nella sala in cui erano riuniti tecnici ed esperti Nasa, entusiasti della riuscita della missione. Il frammento dell’asteroide Bennu che OSIRIS-Rex è riuscita a catturare peserebbe all’incirca 200 grammi. Ma ora la domanda che tutti si pongono è: come verrà impiegata questa piccolissima porzione di spazio, scortata sulla Terra dalla capsula?

Torna sulla Terra la capsula lanciata nel 2016: con essa un frammento dell’asteroide Bennu

frammento asteroide bennu
La capsula torna sulla Terra (Facebook) – ecoo.it

Mentre proseguono le ricerche della Nasa relativamente all’esistenza di forme di vita aliene (qui per scoprire quanto emerso all’interno dell’ultimo rapporto sugli UFO), missioni spaziali lanciate ormai parecchio tempo fa arrivano a dare i primi frutti a distanza di anni. Così è stato per la navicella OSIRIS-Rex, che ha raggiunto lo spazio nel 2016 con al seguito un contenitore progettato dalla Nasa per lo studio degli asteroidi.

A distanza di sette anni da quel giorno, la capsula contenuta nella navicella ha fatto ritorno sulla Terra, atterrando presso il deserto dello Utah lo scorso 24 settembre. Con essa, un frammento dell’asteroide Bennu del peso di circa 200 grammi.

Una missione più che riuscita, a fronte di quelli che erano i progetti iniziali. La navicella, partita l’8 settembre 2016, aveva lo scopo preciso di catturare un frammento dell’asteroide sopra citato per portarlo sul suolo terrestre. Bennu – il cui nome completo è 101955 Bennu – ha attirato le attenzioni della comunità scientifica non solo per il fatto di possedere una struttura carboniosa, ma anche per le tracce d’acqua rilevate sulla sua superficie.

Ma qual è l’obiettivo degli esperti Nasa, ora che una porzione dell’asteroide è stata finalmente recuperata? Gli studi che verranno condotti sul frammento potrebbero servire a chiarire le modalità con cui si è formato il nostro sistema solare, e non solo. L’agenzia spaziale statunitense, infatti, fa sapere che la speranza è di comprendere “anche come è iniziata la vita sulla Terra“. Un obiettivo, quest’ultimo, che potrebbe essere perseguito proprio mediante l’analisi della porzione di asteroide.

Si tratta di una missione importantissima per la Nasa, probabilmente il miglior risultato che l’agenzia spaziale abbia ottenuto in tanti anni, paragonabile solamente ad Hayabusa 2 (la missione giapponese che, nel 2020, permise di riportare sulla terra un frammento dell’asteroide Ryugu).

Asteroidi, la loro caduta potrebbe colpirci? Cosa rivela uno studio a riguardo

L’impatto di un asteroide, per quanto possa apparire uno scenario assolutamente distante al giorno d’oggi, fu proprio la causa che determinò la scomparsa dei dinosauri all’incirca 65 milioni di anni fa. A fronte di questi dati, la domanda che viene spontaneo porsi è la seguente: esiste davvero il rischio che la caduta di un asteroide comprometta per sempre la vita sulla Terra?

Come già accennato in un precedente articolo, la questione è tutt’altro che da sottovalutare. Ogni anno, stando ai rapporti Nasa, si verificano circa 120 passaggi ravvicinati di asteroidi in zone ritenute molto vicine al nostro pianeta (all’incirca 300mila chilometri). Pur trattandosi di asteroidi dai quali, in genere, si distaccano solamente delle porzioni infinitamente più piccole rispetto al corpo madre, è innegabile che l’impatto di questi corpi celesti causerebbe non pochi problemi alla vita sulla Terra.

Va anche detto che la maggior parte di questi corpi si frantuma proprio a causa dell’attrito esercitato dall’atmosfera terrestre, dando origine a fenomeni quali quello delle stelle cadenti e dei meteoriti. Se non altro, la questione dell’impatto degli asteroidi non è da prendere alla leggera.