Inquinamento atmosferico: polveri sottili in Europa, pericolo per chi vive in città

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Il 95 per cento della popolazione urbana europea, quindi la quasi totalità, è costretta a respirare le particelle inquinanti presenti nell’aria, stando a quanto emerge dai risultati di uno studio dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (Eea). Un dato molto negativo, considerato che tali particelle sarebbero considerate tra gli agenti inquinanti, quelli più dannosi per la salute degli esseri umani.
È possibile, però, ridurre questo tasso, grazie al contributo che starebbero dando le politiche europee, come sottolinea in una nota riportata dal quotidiano spagnolo El País, citando una dichiarazione di Jacqueline McGlade, direttrice dell’Agenzia Europea dell’Ambiente.
Le particelle in sospensione, note anche come polveri sottili, vengono sprigionate durante diversi processi chimici, come la combustione o la trasformazione di materie prime. L’emissione avviene, altresì, indirettamente attraverso processi quali le reazioni chimiche di gas o composti organici, classificati come “grandi” con un diametro massimo di 10 micron oppure “piccole” aventi diametro di 2,5 micron.
Le polveri sottili sono pericolose perché una volta entrate nel nostro corpo, attraverso la respirazione, raggiungono i polmoni e poi passano nella circolazione sanguigna, come succede per le molecole di ossigeno. Nonostante la concentrazione si sia ridotta del 14% nel corso degli ultimi dieci anni, non si può ancora parlare di pericolo superato, soprattutto per il 95 per cento della popolazione urbana di tutta l’Europa.
LP
L’inquinamento atmosferico uccide un italiano al giorno
L’inquinamento atmosferico ci uccide con facilità, con così tanta facilità da uccidere uno di noi ogni giorno. In Italia la causa di tutto ciò arriva dall’utilizzo di combustibile fossile, e in particolare dal suo impiego nelle centrali a carbone. A rivelarlo è il recente studio di Greenpeace: l’associazione per l’ambiente, infatti, ha studiato e sviluppato un’accurata ricerca scientifica sull’impatto ambientale, economico e sociale che hanno queste centrali.
Il modello utilizzato da Greenpeace riprende lo schema proposto dall’Agenzia europea per l’ambiente, dove si chiarava che la centrale termoelettrica dell’Enel -situata nell’area di Brindisi Sud- è addirittura tra le venti più inquinanti d’Europa. Si è arrivati a stimare, infatti, che questo solo impianto ha creato danni tra i 536 e i 707 milioni di euro, e allora Greenpeace ha voluto andare più a fondo, calcolare quanto gli italiani pagano per l’utilizzo del carbone e quanto di quel pagamento non corrisponde alla bolletta dell’energia elettrica, bensì ad altre voci indirette come le spese mediche, le assenze dal lavoro per malattia o i danni ai terreni agricoli e derivati.
Il risultato è che il prezzo per l’uso del carbone che noi paghiamo si aggira intorno al miliardo e settecento mila euro, senza contare -appunto- il pagamento più caro, quello in termini di vite umane. Le morti avvenute prematuramente e associabili all’inquinamento ambientale causato dalle centrali Enel nel 2009 erano esattamente 460, con danni stimabili intorno ai 2,4 miliardi euro, di cui il carbone -come detto- è responsabile per appunto 1,7 miliardi.
Enel però non ci sta, e dice che questo studio di Greenpeace è a tutti gli effetti errato e denigrante; secondo l’azienda, infatti, la metà della produzione di energia avviene in processi privi di anidride carbonica grazie all’utilizzo di fonti rinnovabili o al ricorso al nucleare. Enel inoltre non ci sta a sentirsi dare dell’omicida ambientale e non solo, a causa della sua produzione di emissioni di co2, definita dall’azienda “scarsa”.
Ma Greenpeace non ci sta, e invece dichiara che Enel produce ben il 70% dell’energia elettrica utilizzando il combustibile fossile, aggiungendo che se i dati non fossero riferiti al 2009 ma ad oggi la stima dei morti salirebbero a 400 e la spesa a più di miliardi di euro l’anno.
photo: iz4aks