Cementificazione in Italia: il consumo del suolo spaventa

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È appena uscito il rapporto Ispra 2011 sul nostro Paese, soprattutto in termini di impatto ambientale. Il rapporto redatto dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca del Ministero dell’Ambiente analizza i dati ambientali del 2011 e ne trae le conclusioni. Pessime, anche stavolta. Soprattutto per la cementificazione in Italia, che arriva a livelli terribili: nonostante la crisi infatti, i cantieri edili sono riusciti a sviluppare un sistema che consente un consumo di suolo sempre più accelerato. Si superano, a livello nazionale, i 100 ettari giorno, e arriva al 6% il terreno che è stato impermeabilizzato, ovvero quel suolo che non può più assorbire l’acqua, con pesanti ripercussioni in occasioni di precipitazioni a carattere temporalesco o similari. Le zone in una situazione più critica da questo punto di vista sono la Lombardia, il Veneto e la Campania, con attenzione particolare ai centri urbani.

A questo va purtroppo ad aggiungersi anche l’erosione delle spiagge italiane, dove nei sette anni che vanno dal 2000 al 2007, appunto, ben il 37% delle zone costiere ha dovuto far fronte a delle variazioni sull’assetto delle linee di riva: questo vuol dire che si è persa superficie costiera e che molti tratti di spiaggia sono stati erosi del mare, in particolare in prossimità delle foci dei fiumi dove la situazione è diventata addirittura critica.
Se non questo non dovesse bastare, c’è da considerare che i cambiamenti climatici in corso hanno fatto registrare un’impennata di calore anche per l’anno passato e che questo contribuisce a creare un nuovo allarme, quello sul rischio dei scomparsa degli ecosistemi.

Il consumo di suolo distruggerà l’Italia: è allarme cementificazione

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Che la situazione della tutela ambientale in Italia non fosse esattamente rosea c’era da intuirlo, ma ora c’è qualcosa di più. Si tratta del consumo di suolo, di cui parla una recente ricerca scientifica lanciando l’allarme. Ma cosa significa? A spiegarlo è l’Università dell’Aquila, che ha calcolato che la cementificazione indiscriminata in Italia cresce a vista d’occhio. Anche se, evidentemente, in molti non lo vedono. O non lo vogliono vedere. Parliamo di un’urbanizzazione senza regole né attenzione per l’ambiente, palazzi enormi costruiti in barba alle più comune regole di buonsenso e di rispetto del territorio.

Si dice spesso che -di fronte a questa crisi economica- l’edilizia in Italia sia uno dei settori più colpiti: forse se ci fosse un pensiero in più verso un’edilizia sostenibile, di qualità, i nostri centri urbani sarebbero spazi più vivibili e, con il rispetto del verde pubblico, ci sarebbe un nuovo modo di vivere. Più edifici vuol dire più spazio eroso alle aree verdi, più edifici vuol dire anche più infrastrutture. E con i mezzi pubblici che spesso non sono così efficienti, restano tangenziali e circonvallazioni. Altro cemento, altro terreno eroso.
E finché tutto questo è calcolato, previsto in un piano regolatore fatto da tecnici del settore, questo può essere anche tollerato perché, si spera nella lungimiranza delle amministrazioni locali. Ma poi ci troviamo di fronte all’edilizia abusiva, a piani regolatori fatti per agevolare il furbetto del quartierino, appalti facili, ed ecco che il rispetto delle regole va a farsi friggere. E infine, dulcis in fundo, ci lamentiamo dei disastri ambientali, di frane e smottamenti che portano via case, strade, città. Dipende da come sono fatte, ma ancora di più da dove sono state fatte. E da quale condono edilizio sono state graziate.
Fin qui, nulla di nuovo. L’unica cosa nuova che possiamo condividere, è quella dei dati: in Emilia Romagna si perdono 9 ettari di suolo al giorno. 9 ettari al giorno! Le nostre città italiane hanno una crescita di 800 mq, contro 75 ettari di terra che ogni giorno vengono sottratti in favore della cementificazione. Si costruisce sempre più verso le coste, con gravi rischi a livello di impatto ambientale, e paradossalmente si abbandonano sempre più i centri storici perché troppo costosi.
Aggiungiamo e concludiamo -e stavolta lo dice Confagricoltura– che per mancanza di terreni agricoli hanno chiuso 600.000 aziende del settore.
photo: darinmarshall