Sabrina Giannini torna in televisione con Indovina chi viene a cena e fa emergere un quadro sconcertante su frutta esotica e caffè nei supermercati.
Ogni volta che approfittiamo di offerte irresistibili su frutta, verdura o caffè, in quelle confezioni “sottocosto” promosse nei supermercati, dobbiamo renderci conto che c’è un prezzo nascosto che difficilmente appare sull’etichetta. È questa la denuncia centrale della nuova puntata del programma Indovina chi viene a cena – in onda il 6 dicembre 2025 su Rai 3 – che accompagna lo spettatore in un viaggio a ritroso lungo le filiere del caffè e delle banane, per svelare le condizioni di chi lavora e dell’ambiente.

Nuria Biuzzi, inviata del programma, ha attraversato piantagioni in Sud America, dove caffè, banane e altra frutta esotica hanno origine, e documentato una realtà inquietante: nei campi vengono spesso usati fungicidi e insetticidi vietati in Europa, spruzzati dagli aerei su coltivazioni e persone che vi lavorano. L’inchiesta ha provato anche a verificare se queste sostanze lascino tracce nei prodotti importati e venduti nelle nostre corsie.
Il prezzo basso per il consumatore può riflettersi in un prezzo alto da pagare per salute e ambiente
Certo, a volte nemmeno occorre andare lontano: anche nei nostri campi, in molte aree d’Italia, si fa affidamento su migranti spesso senza permesso di soggiorno o su lavoratori agricoli privi di contratto, che respirano veleni come disserbanti e pesticidi: frutta e verdura raccolta in queste condizioni può arrivare sulle tavole con un costo umano e sociale invisibile. Dietro i cartellini a basso costo può nascondersi uno sfruttamento strutturale: salari irrisori, condizioni di lavoro dure, tagli degli scarti e ciclo produttivo intensivo.

Insomma, si tratta di una situazione che non lascia spazio al rispetto per l’ambiente e alla salvaguardia della salute di chi in qui campi ci lavora, inoltre spesso la grande distribuzione impone selezioni severissime: frutti che non rispettano un criterio di calibrazione, ad esempio la dimensione, pur perfettamente commestibili, vengono scartati, venduti a prezzi ridicoli all’industria oppure buttati. Si genera una nuova problematica: quella inerente a spreco, perdita di valore e degrado sociale.
Le alternative: filiere etiche e consumo consapevole
Tornando al caffè, la crisi climatica rende ancora più fragile la filiera: siccità, eventi meteo estremi e incendi – registrati in grandi paesi produttori come Brasile e Vietnam – stanno riducendo le rese, facendo schizzare verso l’alto i prezzi delle materie prime. Certo, di fronte all‘inflazione galoppante, il sottocosto è allettante anche per i consumatori italiani.Il cibo fresco e salutare rischia di diventare un lusso, con conseguenze anche sulle abitudini alimentari e sulla salute.

Cosa fare allora? Ci si può affidare a piccole cooperative agricole, produttori che saltano la grande distribuzione e portano direttamente al consumatore frutta e verdura biologica, senza chimica e con un prezzo equo. Oppure, come propone il Commercio equo e solidale, dare linfa a un sistema in cui produttori svantaggiati ottengano un prezzo giusto per il loro lavoro e si tuteli l’ambiente, limitando le intermediazioni e valorizzando il legame diretto tra produttore e consumatore.
Ogni acquisto diventa una scelta
Impariamo dunque a dare valore reale alle cose: in un contesto in cui l’agro-alimentare globale è soggetto a pressioni economiche, climatiche e sociali, il prezzo basso non può più essere considerato un valore assoluto. L’inchiesta di “Indovina chi viene a cena”, come è un po’ nel modus operandi del programma, ci ricorda che dietro ogni prodotto ci sono persone, lavoro, storie e diritti, ma c’è la necessità di rompere uno schema che purtroppo appare consolidato.
Scegliere un caffè equo, comprare frutta di stagione da filiere sostenibili, preferire produttori locali o cooperative significa fare una scelta consapevole, che pesa e conta. In un’Italia dove l’aumento dei prezzi degli alimentari è reale e tangibile, e dove il settore resta fondamentale per l’economia e il tessuto sociale, come evidenziano le cifre record dell’export e l’importanza di produzioni nazionali di qualità, il nostro carrello non può più essere solo questione di prezzo: è anche etica, identità e responsabilità.