Arriva anche in televisione il caso del collare antipulci prodotto da una grossa azienda e che ha effetti collaterali sui cani.
La trasmissione Indovina chi viene a cena, condotta da Sabrina Giannini su Rai3, si concentra in modo molto critico sul ruolo delle grandi multinazionali della cosiddetta salute animale e sui rischi insiti in un sistema in cui profitto, controllo istituzionale e interessi privati finiscono per avvantaggiare aziende potenti a discapito della tutela reale degli animali e dei consumatori, partendo da un caso eclatante che ha fatto molto parlare.

Il punto di partenza del reportage è infatti una class action negli Stati Uniti contro una multinazionale produttrice di collari antipulci: secondo quanto ricostruito, questo prodotto, largamente consigliato e venduto, avrebbe causato effetti collaterali gravi e anche letali in cani, informazioni che sono state per anni sottovalutate o non completamente messe in luce dalle autorità sanitarie americane. La vicenda è andata avanti per anni e si è conclusa a inizio del 2025.
Infatti, solo all’inizio di quest’anno, si è concluso un accordo da 15 milioni di dollari deciso da un giudice federale negli Stati Uniti per chiudere una serie di class action contro le aziende Bayer ed Elanco Animal Health riguardo i collari antipulci e zecche Seresto. I consumatori sostenevano che i produttori non avessero avvertito adeguatamente dei rischi per la salute degli animali domestici e che fossero stati pubblicizzati in modo ingannevole.
Tra queste erano incluse promesse di efficacia per 8 mesi non accompagnate da avvisi sui potenziali effetti collaterali: insomma, gli effetti sui cani erano anche molto gravi, ovvero gli animali potevano anche morire, e per questi in molti hanno fatto causa a chi quei collari li produceva. La vicenda è rimasta praticamente sconosciuta in Italia, nonostante gli stessi collari siano commercializzati nel nostro paese e vengono spesso raccomandati dai veterinari.
Secondo le denunce, i collari avrebbero causato problemi di salute nei cani e nei gatti, come inappetenza, letargia, vomito, comportamenti anomali e in alcuni casi, appunto, la morte degli animali. Ma Bayer e Elanco non hanno mai ammesso alcuna responsabilità in tribunale, accettando però di pagare appunto il totale di 15 milioni di dollari per risolvere le cause, che ormai si trascinavano da diverso tempo. Il “rimborso”, a fronte dei profitti per i collari venduti nel mondo, appare comunque di modesta entità.
Quello che però è bene osservare è che esiste un sistema in cui interessi commerciali e di profitto sembrano prevalere sulla trasparenza e sulla tutela della salute animale. In definitiva, mentre grandi aziende globali possono trarre enormi ricavi dalla vendita di prodotti farmaceutici e sanitari per animali, un mercato in forte crescita a livello mondiale, le autorità responsabili della sicurezza e del controllo restano a guardare, con tutto quello che ne consegue per la salute dei nostri amici a quattro zampe.
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