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I delfini che sono stati coinvolti nella mattanza compiuta nell’isola di Taiji, in Giappone, non saranno più acquistati dall’associazione giapponese Zoo e Acquari (Jaza). Una notizia rincuorante, visto che fino ad ora, secondo le stime, acquari e delfinari giapponesi avrebbero comprato circa il 40% degli animali catturati ogni anno. A questo riguardo i dati sono davvero sconvolgenti, perché un solo esemplare veniva venduto ad un prezzo che poteva raggiungere anche 100.000 dollari. L’associazione giapponese Zoo e Acquari ha deciso di aderire all’appello rivolto dalla Waza, la più importante associazione che racchiude zoo e acquari di tutto il mondo, che ha nella pratica messo la Jaza di fronte ad una scelta.
Molte sono state, infatti, le pressioni internazionali, che hanno fatto appello, perché si ponesse fine a questa caccia al delfino, che si traduceva in delle vere e proprie stragi con la morte di migliaia di animali. Le modalità, con le quali i delfini fino ad ora sono stati catturati, sono veramente terribili: a centinaia i delfini vengono spinti verso la riva e sono selezionati per essere rinchiusi o per essere macellati. Il business è veramente molto alto e dietro quella che viene fatta passare per tradizione nasconde un giro d’affari incredibile.
5 esemplari sterminati
Qualche tempo fa si è verificata una nuova strage di delfini a Taiji. Gli “assassini” hanno deciso di riunirsi con le loro barche e di mettere in atto un’azione brutale: la distruzione di un’altra famiglia di delfini. Hanno agito appena dopo l’alba con le loro barche da caccia, tenendosi a qualche chilometro di distanza dalla costa. Attraverso le barche, hanno cercato di spingere i delfini verso la baia. Ce l’hanno messa tutta, per fare in modo che gli animali si dirigessero verso un punto esatto. L’operazione ha richiesto molte ore, anche perché i cacciatori hanno avuto a che fare con alcuni delfini particolarmente determinati e assolutamente desiderosi di lottare per salvare la loro vita.
Non sono mancati i momenti di caos e gli episodi di fuga da parte dei delfini. Tutto ciò, tuttavia, non è bastato a salvarli da una fine cruenta. Tutti e cinque gli esemplari, alla fine, sono stati guidati verso la baia e qui non sono potuti scampare al loro destino. Uno dei delfini è riuscito a sfuggire ai tentativi di uccisione. Ha nuotato in maniera furiosa, disperata, verso la rete, che infine lo ha bloccato. Nel frattempo gli altri esemplari appartenenti alla sua famiglia venivano torturati. Alcuni testimoni, che hanno assistito alla scena, hanno raccontato come il delfino, legato, attraverso una morte lenta e dolorosa, stava cercando di sfuggire alle pratiche brutali. In ogni caso neanche per esso c’è stata una possibilità di salvezza e alla fine ha dovuto soccombere. Nel video è possibile vedere una testimonianza filmata dai Cove Guardians di Sea Shepherd, che hanno documentato con delle immagini significative tutta la scena.
Il delfino albino
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Già qualche tempo prima un cucciolo albino è stato vittima della strage di delfini a Taiji. Il piccolo, a differenza di quanto è successo agli esemplari più grandi, non è stato ucciso, ma è stato fatto prigioniero, per diventare una vera e propria attrazione turistica. E’ stato strappato alla madre, per essere portato al museo delle balene. La città di Taiji vorrebbe sfruttare alcuni esemplari di animali particolari, per attirare visitatori. Si tratta di una strategia volta all’aumento del turismo, in un luogo che non può puntare su un altro tipo di attrazioni. Non è la prima volta che si arriva a fenomeni di questo tipo. Per esempio, già un altro esemplare di delfino era stato catturato e posto all’interno del museo, per il fatto che aveva quattro pinne invece di due. L’animale è rimasto all’interno della struttura per 6 anni e mezzo. Il cucciolo è stato rintracciato fra un gruppo di 42 esemplari che si erano ammassati nella baia. I delfini hanno combattuto a lungo, ma hanno dovuto arrendersi a causa della mancanza di cibo, della stanchezza e delle lesioni subite.
Come si può leggere sulla pagina Facebook di Sea Shepherd, l’uccisione è stata condotta con estrema barbarie, infierendo sulle povere bestioline con delle percosse, che alla fine le portano alla resa. L’ultima strage ha portato a 52 animali prigionieri e a 41 morti, anche se gli assassini cercano di nascondere le loro azioni, che hanno come unico obiettivo quello del guadagno nel settore della cattività. Ilaria Ferri, direttore scientifico dell’Enpa, ha spiegato che la detenzione del cucciolo albino mette in pericolo in maniera evidente la sua stessa sopravvivenza. E’ stato spiegato, infatti, che questi esemplari richiedono cure particolari, in quanto sono più esposti al rischio di incorrere in malattie della pelle e in altre gravi patologie.
Le reazioni da parte degli animalisti sono state molto dure. Anche in Italia la Protezione Animali ha lanciato un appello al ministro Bonino, in modo che il nostro Paese possa prendere posizione contro il massacro che sta avvenendo nelle acque giapponesi. Le associazioni sono convinte che sia estremamente importante proteggere la biodiversità, anche per assicurare un futuro migliore alla nostra specie. Le proteste, comunque, si sono fatte sentire in tutto il mondo. E’ stata creata a questo proposito una petizione per difendere il piccolo delfino albino e per spingere il Governo giapponese ad intervenire per la sua liberazione. La petizione si rivolge direttamente al primo ministro Shinzo Abe. La possiamo trovare seguendo questo link.
La strage di delfini e balene
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Ogni anno una strage silenziosa si compie nell’Oceano Pacifico, una strage poco raccontata dai media internazionali: è il massacro di delfini e piccole balene che avviene nella baia di Taiji in Giappone, dove questi animali vengono uccisi in maniera orribile per finire nelle tavole nipponiche, oppure catturati per essere destinati a parchi divertimenti acquatici dislocati in tutto il mondo. Secondo quanto informano gli ambientalisti, che ogni anno documentano con foto e video la strage di delfini e balene, gli esemplari più belli e giovani vengono separati dai genitori, uccisi senza pietà e con metodi orribili, per poi essere addestrati per i parchi acquatici: costo dell’addestramento, dai 100mila ai 250mila dollari. Per evitare che il mare diventi troppo rosso a causa del sangue versato dai poveri animali, negli ultimi anni alcuni esemplari vengono sterminati attraverso il soffocamento, conficcando lunghe aste di ferro nello sfintere da cui prendono aria, e sostituita poi da un tappo di legno.
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Le testimonianze di chi assiste alla strage sono drammatiche: ‘Questa bellissima balena pilota sta morendo tutta sola questa sera e non c’è nessuno a prendersi cura di lei. Guardando la mamma con il piccolo lottare per la vita è estremamente difficile da monitorare, mi sento così dannatamente inutile a stare qui a girare video e scattare foto della loro situazione. Gli istruttori vanno e vengono, grattandosi la testa, senza avere alcuna idea sul da farsi‘, ha raccontato ad esempio il guardiano della baia lo scorso anno, mostrando l’agonia del cetaceo con il suo piccolo che continuava a girarle intorno disperato. Gli ambientalisti, impotenti di fronte al massacro, invitano la popolazione ad evitare di visitare i delfinari e altre strutture acquatiche dove si esibiscono gli animali, ma purtroppo sanno che anche quest’anno la mattanza nella baia di Taiji avverrà senza pietà alcuna. La macellazione di carne di delfino, per quanto sia un ‘settore di nicchia’ dell’industria alimentare, continua ad essere considerata una prelibatezza della cucina giapponese, e ancora di più, come abbiamo visto dalle cifre trapelate, rende l’addestramento di questi animali. L’egoismo dell’uomo continua ad essere causa di enorme sofferenza agli altri abitanti del pianeta: quando la smetteremo di distruggere tutto ciò che ci sta intorno?