L’estate si consuma una grande quantità di pesce. Questo è da molti preferito rispetto alla carne, perché più fresco da mangiare e, dettaglio da non sottovalutare, meno grasso. Ma nelle ultime ore ha suonato un grosso allarme. Un’allarme che coinvolge tutta la popolazione mondiale: consumare 300 grammi di pesce a settimana svilupperebbe un melanoma maligno. Ovvero una forma di cancro alla pelle, purtroppo letale.
Ad effettuare questa ricerca è stata la Brown University. I ricercatori dell’ateneo hanno notato che chi ha mangiato 42,8 grammi di pesce sviluppava un rischio del 22 % maggiore di sviluppare il melanoma maligno rispetto a chi ne mangiava 3,2 grammi. Ma non solo. Infatti chi consumava quantità maggiori, poteva sviluppare cellule anormali nello strato superiore della pelle del 28%.
I dati della ricerca americana sul rischio cancro

La Brown University ha coinvolto 491.367 adulti americani dell’età media di 62 anni. Questi hanno dichiarato di mangiare spesso pesce (fritto, bollito, al forno e tonno) e le dimensioni delle porzioni. Gli scienziati invece hanno poi calcolato la frequenza dei casi di melanoma sviluppati negli 15 anni successivi. Dati alla mano la ricerca ha dimostrato che l’1 % degli intervistati ha sviluppato un melanoma maligno e lo 0,7 % un melanoma allo stadio 0.
Altresì, i ricercatori sottolineano, come non sia stato riscontrato nessun legame tra il consumo del pesce fritto e il cancro della pelle. Al contrario chi consuma 17,8 grammi di pesce non fritto era non è associato al rischio elevato del 18% del melanoma maligno del 25 % in più i melanoma al primo stadio rispetto a chi ne consuma 0,3 grammi. Ma la ricerca ha anche evidenziato che chi mangia 14,2 grammi di tonno contro i soliti 0,3 grammi avevano presentato un rischio maggiore del 20 %.
Leggi anche: Fa bene mangiare sempre il finocchio?
Leggi anche: Attenzione al pesce in tavola: scoperti residui di farmaci
Secondo l’autore della ricerca Eunyoung Cho i risultati ottenuto sono stati causati dalla contaminazione dei pesci. Colpa di prodotti come bifenili policlorurati, diossine, arsenico e mercurio che questi animali mangiano nel mare. Nonostante le ipotesi di Cho, lo scienziato senior del personale in genetica ed epidemiologia presso l’Institute of Cancer Research, Michael Jones ha voluto poi sottolineato come, oltre alle quantità e le modalità di mangiare il pesce o il tonno, incida anche le abitudini di vita, ricordando come gli scienziati della Brown University non abbiano misurati i livelli dei contaminanti nei partecipanti.