Processo Eternit: annullata la condanna sull'amianto killer

Eternit, sentenza corte d'appello

Niente giustizia per le vittime dell’amianto, per quelle persone che hanno respirato le polveri nei 4 stabilimenti italiani della multinazionale Eternit. La Cassazione ha annullato la condanna e ha fatto valere la prescrizione, che sarebbe maturata già prima della conclusione del primo grado. Niente da fare, quindi, per il reato di disastro ambientale doloso, in seguito al quale Stephan Schmydheiny era stato condannato a 18 anni di reclusione.

A Casale Monferrato, nell’alessandrino, è stato proclamato lutto cittadino. Tante persone erano arrivate a Roma con la speranza di ottenere la condanna, ma non c’è stato niente da fare. Per molti è stata una morte silenziosa, anche se adesso non vogliono demordere, anche perché la Cassazione non si è pronunciata per l’assoluzione. Il PM Raffaele Guarigniello, che ha guidato l’accusa, è stato molto chiaro nell’affermare che non c’è un’assoluzione e che invece ci sarebbe il reato. Proprio per questo adesso l’accusa ha intenzione di portare avanti la questione degli omicidi. In Svizzera c’è stata grande soddisfazione, perché l’ex imputato, secondo un comunicato del suo ufficio stampa, sarebbe stato giudicato in violazione dei principi del giusto processo. Non solo non c’è stata la condanna del magnate svizzero, ma Inps e Inail sono state condannate a pagare alcune migliaia di euro per le spese. I parenti delle vittime hanno raccontato tra le lacrime che secondo loro per i poveri non c’è mai giustizia. Intanto davanti alla Cassazione è stato appeso uno striscione, con una scritta molto significativa e che fa riflettere, che recita: “Eternit, ingiustizia è fatta”.
La sentenza d’Appello
Nell’ambito del processo Eternit, Stephan Schmydheiny è stato condannato a 18 anni, due anni in più rispetto alla condanna attribuitagli in primo grado. L’opinione pubblica è stata particolarmente coinvolta in questo caso. Infatti si sono formati dei presidi di persone, che hanno atteso le dichiarazioni dei giudici. Fra gli individui presenti in Tribunale anche un comitato di aiuto e orientamento delle vittime dell’amianto. E’ stato affisso uno striscione dal titolo “Schmydheiny, ti aspettiamo in Svizzera”. I giudici della Corte d’Appello di Torino si sono ritirati in Camera di Consiglio intorno alle 10, per poi emettere il giudizio.
Il processo ha visto l’ultima udienza presso il Palazzo di Giustizia di Torino. La questione ha riguardato le morti dovute all’amianto. L’imputato Louis DeCartier DeMarchienne è morto, per cui l’unico accusato del disastro era Stephan Schmydheiny. Le parti lese sono molte, circa 6.000, e comprendono anche i familiari dei lavoratori che sono deceduti in conseguenza dell’attività svolta presso le fabbriche, nelle quali si trattava la sostanza pericolosa per la salute.
La storia dell’amianto in Italia
L’eternit è diventato in pochi anni, a partire dalla sua scoperta che risale al 1901, molto popolare. Nel 1915 sono state messe in commercio le fioriere e nel 1928 è iniziata la produzione di tubi in fibrocemento. Questi ultimi vennero usati fino agli anni ’70 nella costruzione degli acquedotti. Nel 1933 fecero la loro comparsa le lastre ondulate, utilizzate per tetti e capannoni. In Italia la pericolosità delle fibre di amianto ha interessato soprattutto Casale Monferrato, perché lo stabilimento presso questa località disperdeva la polvere nociva in tutta la città e attraverso degli aeratori. Furono contaminate anche persone che non erano legate alle attività produttive.
Tra l’altro la legge 257/1992 metteva al bando tutti i prodotti che contenevano amianto, ne vietava l’estrazione, la commercializzazione e la produzione, ma non l’utilizzo. L’industria di Casale Monferrato è poi fallita e si è dovuto procedere alla bonifica del sito. Intanto in tutto il territorio e nell’intera provincia di Alessandria le morti per tumore sono aumentate.
Le tappe precedenti del processo
Le indagini eseguite sulla zona hanno portato nel 2009 all’inizio del processo contro Stephan Schmydheiny, uno degli ex presidenti del consiglio di amministrazione della fabbrica. Il procedimento venne messo in atto anche contro Louis DeCartier DeMarchienne. Entrambi sono stati ritenuti responsabili dei numerosi decessi per mesotelioma. Il 13 febbraio 2012 il Tribunale di Torino ha condannato in primo grado i due imputati a 16 anni di reclusione, con l’accusa di disastro ambientale doloso permanente. DeCartier e Schmydheiny sono stati ritenuti responsabili di aver omesso volontariamente le precauzioni antinfortunistiche e sono stati obbligati a risarcire circa 3.000 parti civili.
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